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Chi è il responsabile del danno se l’antifurto non funziona?

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Chi è il responsabile del danno se l’antifurto non funziona?

Determinare la responsabilità del danno cagionato da un furto è utile a stabilire la misura del risarcimento. La Cassazione ha emanato una sentenza secondo la quale se l’antifurto non funziona va accertato il nesso causale tra il malfunzionamento dell’impianto e il furto.

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La sentenza è stata emessa dopo più gradi di appello, per regolamentare il caso del furto avvenuto in una gioielleria, perché l’impianto di allarme non aveva inviato il segnale alla centrale per l’avviso alla pattuglia. La gioielleria richiedeva alla società che aveva fornito l’impianto di allarme, il risarcimento nella misura di Lit. 100.000.000 per i danni causati dai ladri che, dopo aver praticato un foro nella vetrina del negozio, avevano sottratto oggetti di valore.

L’esperienza comune riconosce l’utilità dell’impianto di allarme quale misura per evitare il furto o attenuarne le conseguenze. Il malfunzionamento dell’impianto fornito dalla società è stato preso in considerazione come fondamento della sentenza.

Cos’è il nesso causale?

Il nesso causale può essere inteso come la causa da cui scaturisce l’evento, la condizione senza la quale non si sarebbe verificato e l’occasione cioè la circostanza che lo favorisce.

L’art. 40 c.p. stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se l’evento dannoso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

La prova del nesso causale richiede la valutazione del danno subito dal danneggiato in relazione all’evento. Nel caso specifico del furto in gioielleria non è stato possibile dimostrare che se avesse funzionato regolarmente l’allarme la merce non sarebbe stata rubata. Accertata l’utilità della misura per evitare il furto o attenuarne le conseguenze, non è possibile però dimostrare con certezza assoluta che suonato l’allarme i malviventi si sarebbero allontanati.

I furti lampo sono caratteristici proprio per la rapidità con cui vengono messi a segno. Ripulire le vetrine dalla merce esposta è un’operazione che si conclude in meno di cinquanta secondi e i danni causati sono notevoli.

Molti delinquenti causano falsi allarmi per abbassare l’attenzione sull’evento certo proprio per agire indisturbati e velocemente, oppure usano dispositivi che neutralizzano gli impianti di allarme. La combinazione della tecnologia e dell’apporto umano è l’unica soluzione in questi casi, perché laddove la tecnologia viene neutralizzata da disturbatori di frequenza, l’attenzione di un operatore connesso in tempo reale è in grado di rilevare l’assenza di segnale e interpretarla come sospetta e quindi avviare i protocolli di emergenza previsti in casi simili.

La Cassazione, con sentenza n. 5644 dell’aprile 2012, ha accettato i motivi di ricorso del danneggiato che si costituiva in giudizio contro la sentenza della corte di appello di Brescia che aveva respinto la precedente sentenza del Tribunale del 31 agosto 2005 e che riconosceva al danneggiato un risarcimento di Lit. 20.000.000.

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L’esperienza comune riconosce l’utilità dell’impianto di allarme quale misura per evitare il furto o attenuarne le conseguenze. Il malfunzionamento dell’impianto fornito dalla società è stato preso in considerazione come fondamento della sentenza.

Cos’è il nesso causale?

Il nesso causale può essere inteso come la causa da cui scaturisce l’evento, la condizione senza la quale non si sarebbe verificato e l’occasione cioè la circostanza che lo favorisce.

L’art. 40 c.p. stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se l’evento dannoso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

La prova del nesso causale richiede la valutazione del danno subito dal danneggiato in relazione all’evento. Nel caso specifico del furto in gioielleria non è stato possibile dimostrare che se avesse funzionato regolarmente l’allarme la merce non sarebbe stata rubata. Accertata l’utilità della misura per evitare il furto o attenuarne le conseguenze, non è possibile però dimostrare con certezza assoluta che suonato l’allarme i malviventi si sarebbero allontanati.

I furti lampo sono caratteristici proprio per la rapidità con cui vengono messi a segno. Ripulire le vetrine dalla merce esposta è un’operazione che si conclude in meno di cinquanta secondi e i danni causati sono notevoli.

Molti delinquenti causano falsi allarmi per abbassare l’attenzione sull’evento certo proprio per agire indisturbati e velocemente, oppure usano dispositivi che neutralizzano gli impianti di allarme. La combinazione della tecnologia e dell’apporto umano è l’unica soluzione in questi casi, perché laddove la tecnologia viene neutralizzata da disturbatori di frequenza, l’attenzione di un operatore connesso in tempo reale è in grado di rilevare l’assenza di segnale e interpretarla come sospetta e quindi avviare i protocolli di emergenza previsti in casi simili.

La Cassazione, con sentenza n. 5644 dell’aprile 2012, ha accettato i motivi di ricorso del danneggiato che si costituiva in giudizio contro la sentenza della corte di appello di Brescia che aveva respinto la precedente sentenza del Tribunale del 31 agosto 2005 e che riconosceva al danneggiato un risarcimento di Lit. 20.000.000.

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